C’È POSTO FRA GLI INDIANI di Alessio Dimartino (Giulio Perrone Editore)

c'è posto tra gli indianiCandidato al premio Strega 2014

Ecco un romanzo che piacerà ai detrattori della Grande bellezza. Perché C’è posto tra gli indiani, ultima fatica letteraria di Alessio Dimartino, uno che ha “più traslochi alle spalle che capelli in testa”, è piuttosto una via crucis nei meandri più desolati della sempre istrionica capitale immorale. Protagonista Marcello, eroinomane saltuario e veterinario senza convinzione, deciso a farla finita non per passionali tumulti ma a causa di un corrosivo senso di vuoto. Tra le macerie domestiche, teso a masturbarsi sulle foto social network della sua ex, si vedrà recapitare a domicilio da un elegante sosia di Michael Caine un cocker inappetente. Sconvolgere schemi cognitivi troppo reiterati è un’evidente catapulta di cambiamento: il pellegrinaggio che ne consegue lancia una luce obliqua e notturna su una Roma che assomiglia a quella scoperta dal tormentato Michel Piccoli in fuga di Habemus papam. Uno dei link trascinati da una trama dal sapore cinematografico, a partire dal titolo così spaghetti western e da quella ricerca di bellezza nell’apparente squallore, come in quelle rievocate chiacchiere paterne sull’ultima partita della Roma nel McDonald della Tiburtina, così prossime al monologo finale sullo splendore di una busta che svolazza di un’altra grande beauty, l’American. Solo che qui la morte non prorompe violenta ma rimane sul crinale del protagonista e del suo omologo canino, si depotenzia a contatto con gli eroi silenziosi della Roma autentica, gli spacciatori rissaioli del Pigneto, un maieutico clochard alla stazione Termini, un generoso ragazzo di vita, un fantasma vestito da guardia giurata.

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